Dopo aver aspettato quasi due mesi, sono stata contattata dalla psicologa della scuola.
Oggi avevo l'appuntamento in quarta ora.
Ho cercato con cura di non far notare la mia assenza durante la lezione e ho dato velocemente l'avviso al mio professore di filosofia.
Per tutto l'intervallo ho tremato. Tremato dall'ansia, dalla paura di essere ancora presa in giro e dal saper di dover parlare dei fatti miei con una persona.
Sono salita all'ultimo piano e sono entrata nel suo "studio".
Inizialmente mi ha salutato e mi ha fatto i complimenti per i capelli.
Si è scusata molto per l'attesa e le ho detto che non doveva preoccuparsi.
La prima domanda che mi ha fatto è se avessi avuto altre esperienze con altri psicologi.
Qui le ho raccontato subito la mia difficoltà nell'aprirmi, il bullismo subito alle medie e il fatto di aver avuto una bruttissima esperienza con la psicologa della mia scuola vecchia.
Dopo un po' che parlavamo mi sono tranquillizzata, ho iniziato a raccontare a grandi linee il mio passato e soprattutto l'Alessandra del passato, quella fredda, violenta che non piangeva mai.
Poi ho parlato del presente.
Del liceo, di Mattia e infine di Michael.
E' stato il centro di tutta la conversazione, per me ma non per lei.
Lei sottolineava la mia capacità di amare e di essere riuscita a mantenere due relazioni per un tempo estremamente lungo per una ragazza della mia età.
Mi ha detto che secondo lei è dovuto alla paura di rimanere sola.
Ma io in parte ho cercato di correggerla: non è paura di rimanere sola, è avere troppo amore in corpo e non sapere a chi donarlo.
Le ho raccontato che sono cambiata molto, che ho lavorato tantissimo sul mio carattere.
Le ho detto che la storia con Michael mi ha fatto fare cose che non avrei mai immaginato.
Lei mi ha confessato che un paio di volte, mentre parlavamo, si era immaginata la scena di quando mi sono inginocchiata sotto la pioggia per Michael, pregandolo di non andar via.
Poi da questa situazione sono arrivata a parlare di Davide, Stefania, ricordi, momenti,...
Tre quarti d'ora non durano tanto.
Per ora ho solo parlato a grandi linee, ho detto la motivazione del troncamento con Mike e continuavo a ripetere che non riuscivo a spiegarmi, che non riuscivo davvero a far capire l'intensità di ciò che provo.
Ho chiuso il discorso facendole capire che sotto, c'è molto altro ma che ci devo arrivare con calma.
Lei mi ha assicurato il segreto professionale però mi ha spiegato che, se ci sono cose riguardanti la mia salute, ha il diritto di parlarne con un collega o con i miei e questa cosa mi rammarica e mi preoccupa tantissimo.
Non voglio finire in una specie di programma-manicomio come Ele. Non ci penso nemmeno a farmi credere malata da delle persone che nemmeno mi conoscono.
E' già tanto che abbia combattuto la fobia di andare da lei.
Ho bisogno di buttar fuori tutto, ma se questo prevede far preoccupare i miei genitori, me ne starò zitta.
Se sapessero dei tagli... delle idee di suicidio...
No, non ci voglio nemmeno pensare che casino.
Già quando si erano accorti che ero dimagrita e volevano controllarmi i pasti..
Io non mi faccio controllare i polsi da nessuno e non vado ad appuntamenti in ospedali dove mi fanno quiz idioti chiedendomi se sento voci nella mia testa.
Che si fottano.
Voglio solo qualcuno che mi dica che potrò contare sulle mie forze, che potrò ritornare ad essere felice.
Mi è venuto in mente quando anche io andavo dalla psicologa della scuola. Mi faceva prendere appuntamento per quasi tutte le settimane. Ma non mi è mai servito a niente, anzi, la detestavo.
RispondiEliminaPerò sono felice che tu abbia affrontato ancora certi discorsi, soprattutto con qualcuno che ha studiato psicologia e che dovrebbe teoricamente sapere come comportarsi.
Ma sai, anche io come te, credo che il problema non sia la paura di restare sola, quanto invece il troppo amore che non sai a chi dare.
Non c'è bisogno che vada a dire ai professori quello che ti passa per la testa. Io sono sicura che ce la farai da sola a stare bene, perché sei forte.
Ti abbraccio forte Ale. <3